Cos’è il vincolo paesaggistico ambientale: normativa e sanatorie

Ultimo aggiornamento: 25.04.24

 

Più della metà del territorio italiano è subordinato alle limitazioni imposte dalle norme sul vincolo paesaggistico; vediamo nello specifico quali sono e cosa comportano.

 

Come bisogna comportarsi quando c’è la necessità di eseguire degli interventi di manutenzione straordinaria sul proprio immobile, ma questo sorge in una zona sottoposta a vincoli paesaggistici? E nel caso si voglia edificare un fabbricato su un terreno che si trova in un’area sottoposta alla tutela della Soprintendenza ai Beni Paesaggistici ed Ambientali?

Questa casistica è meno remota di quel sembra, specialmente in un Paese come l’Italia che è ricco di storia e, al tempo stesso, è caratterizzato da un contesto naturalistico e territoriale complesso; per comprendere meglio la questione, però, è importante capire innanzitutto in cosa consistono questi vincoli e per quali finalità sono stati istituiti.

 

Vincolo paesaggistico cos’è

Quando si parla di vincolo paesaggistico si intende un particolare strumento di legge introdotto per salvaguardare immobili che hanno un particolare pregio dal punto di vista storico o artistico, oppure aree territoriali che hanno un elevato pregio paesistico o paesaggistico, entrambe le definizioni hanno lo stesso significato.

I vincoli sono stati introdotti per minimizzare l’inserimento o l’alterazione di opere edilizie nelle suddette aree, di conseguenza non sono altro che delle limitazioni alla possibilità di costruire o di eseguire interventi di manutenzione straordinaria che prevedono modifiche sostanziali alla volumetria e all’aspetto degli immobili.

Questo però non implica automaticamente che in una zona sottoposta a vincolo ambientale sia assolutamente proibito edificare o effettuare interventi, sia su immobili recenti sia su opere realizzate prima del vincolo paesaggistico, ma solo che bisogna interpellare le autorità competenti, le quali valuteranno la fattibilità del progetto e, in caso positivo, rilasceranno la debita autorizzazione a procedere con i lavori.

A differenza degli interventi di edilizia eseguiti in aree non sottoposte a vincolo, il Comune non è l’unico ente preposto a decidere ma è subordinato alla Regione, che a sua volta è soggetta alle decisioni vincolanti della Soprintendenza ai Beni Paesaggistici e Ambientali.

Ogni Regione ha il suo piano paesaggistico, il quale è redatto con la collaborazione del Ministero per i Beni, le Attività Culturali e il Turismo sulla base delle caratteristiche specifiche del territorio. Il Ministero, a sua volta, per la redazione del piano si rifà al codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, ovvero l’insieme della normativa paesaggistica che regola appunto procedure, contenuti, metodologie e profili essenziali e funzionali dei piani paesaggistici, e che incorpora anche la legge n. 431 del 4 agosto 1985, comunemente nota come legge Galasso o vincolo Galasso.

 

La procedura da seguire per la richiesta di autorizzazione ai lavori

Se le circostanze lo impongono, quindi, prima di cominciare i lavori è necessario chiedere l’autorizzazione ai suddetti enti. Anche se in precedenza abbiamo sottolineato che l’autorizzazione viene concessa dalla Regione in base alle decisioni della Soprintendenza, può capitare che l’amministrazione regionale abbia giudicato il Comune idoneo a gestire le pratiche. In questo caso la domanda va presentata all’ufficio tecnico del Comune dove sorge l’immobile o dove è situato il terreno su cui si vuole edificare, il quale è autorizzato a interpellare direttamente la Soprintendenza.

In caso contrario, invece, bisogna rivolgersi all’ente sovraordinato, che è la Regione o l’amministrazione regionale preposta. La soluzione migliore, in ogni caso, è quella di rivolgersi a un professionista abilitato, in genere un architetto o un geometra, che a fronte di un costo aggiuntivo per la prestazione professionale si incarica di seguire la pratica lungo tutto il suo iter.

 

I tempi necessari

La procedura ordinaria richiede parecchio tempo per essere portata a termine; dal momento della presentazione della domanda fino al rilascio dell’autorizzazione possono passare dai 105 ai 120 giorni infatti, dopodiché bisogna attendere altri 30 giorni affinché l’autorizzazione sia considerata pienamente efficace. Questi tempi sono quelli indicati sulla carta a rigor di legge, ovviamente, ma nella realtà dei fatti tendono a prolungarsi in maniera più o meno sostanziale.

Nel caso in cui la Pubblica Amministrazione non rispetti le scadenze, però, il cittadino che ha presentato la richiesta può fare ricorso al TAR e chiedere perfino un risarcimento per eventuali danni se le circostanze lo permettono, e lo stesso può avvenire in caso di rifiuto a rilasciare l’autorizzazione.

L’alternativa all’iter ordinario è la procedura semplificata; quest’ultima è stata introdotta prima dal decreto Cultura 2014 e poi dalla legge Sblocca Italia, sempre nel 2014, che hanno ampliato l’elenco degli interventi realizzabili con l’autorizzazione paesaggistica semplificata.

Al momento l’elenco prevede 41 tipi di interventi che sono attuabili con la procedura semplificata, e quindi senza la necessità di ottenere il parere della Soprintendenza; quest’ultima deve essere comunque interpellata, se però non vi è alcuna risposta entro i tempi prescritti, allora l’ente locale competente è libero di procedere in piena autonomia. I tempi di attesa, in questo caso, si riducono a circa 75 giorni; ovviamente anche per la procedura semplificata bisogna affidarsi a un professionista abilitato.

Gli interventi edili

I proprietari dei beni sottoposti a vincolo, cioè degli immobili che sorgono nelle aree interessate a tutela da parte della Soprintendenza, che si trovano nella condizione di dover ristrutturare il proprio immobile, sono tenuti a chiedere l’autorizzazione con l’iter ordinario soltanto nel caso in cui gli interventi di ristrutturazione vadano ad alterare drasticamente le volumetrie del fabbricato o l’aspetto esteriore dello stesso.

Se bisogna realizzare una pavimentazione esterna su una superficie maggiore ai 4 metri, per esempio, o un incremento di volumetria superiore ai 100 metri cubi, allora il proprietario è tenuto a seguire l’iter ordinario. Se invece gli interventi sono modesti e non alterano in modo sostanziale l’immobile e il paesaggio, allora è possibile procedere con l’iter semplificato.

Le ristrutturazioni interne invece, come per esempio la sostituzione dell’impianto di illuminazione, il montaggio di una plafoniera, la sostituzione dei rivestimenti o la realizzazione di un cappotto termico all’interno dell’immobile, non sono soggette al vincolo paesistico.

Per ulteriori informazioni in merito è possibile fare riferimento all’elenco degli interventi attuabili con la procedura semplificata consultando direttamente il decreto Cultura e la legge Sblocca Italia.

 

 

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