Frazionamento di un immobile: quali i costi e cosa dice la legge

Ultimo aggiornamento: 28.03.24

 

Tutto quello che c’è da sapere su come effettuare divisioni o accorpamenti di immobili, a partire dai requisiti minimi e dall’iter burocratico fino ai costi da sostenere.

 

Il frazionamento immobile non è altro che la divisione di un appartamento, una villa, un ufficio, un negozio o qualsiasi altro tipo di costruzione, in due più unità immobiliari dello stesso tipo o differenti. L’accorpamento, di conseguenza, è l’esatto opposto, avviene cioè quando si eliminano le divisioni tra due unità immobiliari per fonderle in una sola.

Solitamente il frazionamento, specialmente negli ultimi anni, risulta più conveniente rispetto all’accorpamento per ragioni soprattutto economiche; gli appartamenti più piccoli sono più richiesti sul mercato e si affittano, o si vendono, con maggiore facilità infatti, di conseguenza l’unità immobiliare frazionata finisce con l’aumentare di valore.

L’ulteriore vantaggio che si ottiene frazionando una casa dalle dimensioni superiori alle reali necessità dell’occupante, inoltre, è quello di ridurre anche le spese di gestione, e in particolar modo quelle dell’impianto di riscaldamento.

Ma quando e a quali condizioni è possibile eseguire il frazionamento? Come si fanno le divisioni? Quali sono i requisiti che l’immobile deve possedere? Quali documenti sono richiesti? Vediamo quindi di procedere con calma e rispondere a tutte le domande del caso.

 

Quali sono i requisiti essenziali per realizzare il frazionamento

Prima di eseguire un frazionamento bisogna assicurarsi che quest’ultimo non andrà ad alterare le caratteristiche tecniche imposte dalle normative vigenti, come per esempio le prescrizioni igienico-sanitarie, le superfici minime e il rapporto tra le superfici dei locali e quelle delle finestre, che di solito sono indicate nel regolamento edilizio del Comune in cui sorge l’immobile. Il frazionamento, infatti, può avere luogo soltanto nel pieno rispetto di quanto indicato nel regolamento edilizio.

Nel caso delle unità immobiliari facenti parte di edifici condominiali, invece, bisogna rispettare quanto indicato nel regolamento condominiale; quest’ultimo potrebbe infatti vietare il frazionamento ma il divieto, per essere valido, deve essere inserito in un regolamento contrattuale che sia stato approvato all’unanimità da tutti i condomini, cosa che di solito accade soltanto nel momento dell’acquisto dell’intero immobile dalla ditta costruttrice.

Se invece il regolamento è stato approvato con forme di maggioranza assoluta, qualificata o relativa, allora questo non può di fatto contenere restrizioni all’uso delle singole unità abitative da parte dei relativi proprietari, e di conseguenza non può impedire il frazionamento se questo può essere eseguito nel rispetto del regolamento edilizio del Comune in cui sorge il fabbricato.

Un’altra possibile problematica per quanto riguarda il frazionamento in condominio riguarda i millesimi, che dovrebbero essere ricalcolati di sana pianta con un notevole spreco di tempo e denaro; le alternative sono due: frazionare le quote dell’appartamento indiviso in base alle tabelle condominiali e il loro successivo riassegnamento alle nuove unità ricavate dopo il frazionamento, oppure la divisione proporzionale delle quote in base alla superficie. Entrambe queste alternative, però, potrebbero essere soggette a contestazioni, soprattutto in caso di cambio di destinazione d’uso dell’uni

Altri eventuali ostacoli al frazionamento, invece, potrebbero presentarsi dal punto di vista impiantistico o strutturale, come per esempio l’impossibilità di adeguare i percorsi delle canne fumarie e delle tubazioni di scarico.

 

L’iter burocratico per il frazionamento

Prima di dare luogo a un frazionamento bisogna consultare il regolamento edilizio del Comune dove sorge l’immobile interessato alle modifiche; nella maggior parte dei casi, però, è obbligatorio presentare la CILA, ovvero la Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata compilata e firmata da un tecnico qualificato e abilitato, sia esso un geometra, un ingegnere o un architetto. 

Se al frazionamento sono subordinati interventi su elementi strutturali come muri portanti o solai, oppure un cambio di destinazione d’uso di una o di tutte le unità immobiliari risultanti dal frazionamento, allora al posto della CILA bisogna presentare la SCIA, cioè la Segnalazione Certificata di Inizio Attività.

A parte queste documentazioni, bisogna anche depositare al Comune e al Catasto l’aggiornamento delle planimetrie dell’immobile, nonché la visura catastale, al fine di comunicare all’Agenzia delle Entrate il cambiamento di rendita su cui calcolare le tasse.

Per realizzare il frazionamento, quindi, è importante innanzitutto affidarsi a un professionista certificato; quest’ultimo, infatti, oltre a dover eseguire il rilievo dell’immobile e a curare la parte burocratica della pratica di frazionamento, potrà essere in grado di stabilire la fattibilità dell’impresa e farsi carico della migliore soluzione da adottare nel frazionare l’immobile, sia dal punto di vista tecnico e ingegneristico sia da quello architettonico. Il professionista incaricato si occuperà anche della direzione dei lavori, controllando che siano eseguiti nel rispetto delle normative e del progetto.

 

I costi dell’operazione

A parte le spese relative ai lavori di ristrutturazione in sé, quindi i materiali e la manodopera, nel costo complessivo di un frazionamento bisogna calcolare anche la parcella del professionista incaricato di seguire la pratica e dirigere i lavori, un eventuale coordinamento della sicurezza nel caso in cui le imprese che intervengono sul cantiere siano più d’una, gli oneri di urbanizzazione, i diritti di segreteria e l’allaccio delle nuove utenze.

L’importo complessivo cambia quindi a seconda dell’entità dei lavori; le sole spese quantificabili a priori, quindi, sono gli allacci per le nuove utenze, che sono di circa 150 euro per l’acqua e di circa 200 euro per il gas, e gli oneri di urbanizzazione con i relativi diritti di segreteria, che seppur diversi da Comune a Comune si aggirano intorno ai 500 euro per ogni 10 metri quadrati.

Frazionamento terreno

Di norma il frazionamento dei terreni o dei giardini è più semplice, in quanto si riduce alla sola suddivisione dell’area complessiva in lotti più piccoli; ciò non esclude la possibilità che si possa incorrere in circostanze particolari, come per esempio la presenza di un pozzo o di una tettoia, che potrebbero impedire di dividere in parti uguali il terreno.

Il costo frazionamento terreno, invece, può variare dai 350 ai 3.000 euro circa, a seconda dei casi; nelle spese bisogna calcolare la parcella del professionista che si farà carico di seguire la pratica, le spese di istruttoria e i diritti catastali da versare alle amministrazioni locali.

 

 

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